Lo zafferano (nome botanico: Crocus Sativus) è originario della Grecia e dell’Asia Minore. Viene coltivato da tempi immemorabili. Veniva sicuramente utilizzato nell’antica Persia, era noto ai tempi di Salomone (circa 960 a.C.) ed era particolarmente apprezzato dai fenici. Si ipotizza infatti che il suo impiego nella bouillabaisse e nei dolci allo zafferano sia dovuto proprio a tali influenze fenice.
La sua introduzione in Spagna si colloca molto più tardi, verso il 900 d.C., per opera degli arabi e fonti storiche attendibili affermano che fu introdotta in Gran Bretagna durante il regno di Edoardo III (1327-1337): narra la leggenda che la sua diffusione sia dovuta ad un pellegrino, che tornò dal pellegrinaggio con un bulbo rubato, nascosto nella manica; da quel giorno cominciò ad essere coltivato a Saffron Walden (Essex, Inghilterra) e a Cambridge, e ciò durò fino agli inizi del XX secolo.
Nella cucina medioevale era molto usato, ma oggigiorno si mette in pochi piatti, anche se in questi la sua presenza è a dir poco essenziale: si pensi al celebre risotto alla milanese o alla classica paella spagnola.
Questa spezia non serve solo a colorare piacevolmente alcune pietanze, ma anche a conferirne determinate virtù antispasmodiche e stimolanti. Lo zafferano è un tipico croco, appartenente alla famiglia delle iridacee e non è da confondersi con il velenosissimo Colchium Autumnale, che cresce spontaneo nei prati umidi montani, ma che in autunno perde le foglie prima che il fiore sbocci.
Facile da coltivare, la sua propagazione avviene per bulbo, a tarda estate, lasciando tra una pianta e l’altra una decina di centimetri: va colto non appena si apra il fiore.
Per essere di buona qualità, lo zafferano non deve avere più di un anno, deve avere un colore arancio brillante (e non giallo o con punti di bianco), un aroma intenso ed un sapore pungente, quasi medicinale. C’è anche chi ritiene che il suo aroma sia troppo forte e che copra gli altri aromi presenti nel piatto, ma questa ovviamente è una questione di gusti e talvolta di dosaggi.
Purtroppo, essendo costoso, viene sovente adulterato (soprattutto quello che in Europa viene venduto in bustine); per produrre mezzo chilo di zafferano sono necessari infatti dai 75000 ai 250000 fiori ed un’esorbitante quantità di manodopera per cogliere gli stigmi da ogni fiore dell’albero.
In molti testi sulla cucina orientale si usa i termine ‘zafferano’ quando in realtà si allude alla curcuma, perché in molte zone dell’India e del sudest asiatico lo zafferano è poco utilizzato, in quanto appunto troppo costoso: occorre dunque stare attenti al fine di evitare spiacevoli imprevisti!
La spezia, assunta attraverso un’infusione in acqua bollente (nelle dosi di circa 1 g per ogni 100g grammi d’acqua), ha potere medicinale, facilitando le funzioni dello stomaco ed essendo anche un valido emmenagogo in casi di mestruazioni difficili o insufficienti